Con la gioia davanti


Hai mai pensato a quanto sia meraviglioso, ma allo stesso tempo intricato il nostro organismo? Dal concepimento fino alla nascita e poi anche durante la crescita, avvengono processi inspiegabili, ma che armoniosamente creano la vita e permettono di sviluppare il nostro essere.
La complessità del nostro organismo è data dalle diverse membra da cui è costituito, le quali comunicano fra di loro e collaborano nello svolgimento delle molteplici funzioni vitali. Più cellule formano i tessuti; più tessuti costituiscono gli organi e questi ultimi fanno parte di apparati o sistemi. Approfondendo tutto ciò si può notare come i vari meccanismi biologici siano intriganti e sbalorditivi, rivelando la perfetta progettazione del nostro corpo, in nessun modo attribuibile al caso.
Per quanto ogni parte del nostro organismo abbia dell’incredibile, vogliamo cercare di spiegare, con parole semplici, l’interessante funzione di un ormone, il cui contributo risulta indispensabile in una fase della vita delicata e preziosa per ogni donna che la affronta: la fine della gravidanza e l’inizio della maternità, stiamo parlando dell’ossitocina.
L’ossitocina è un ormone di natura proteica, prodotto e rilasciato da strutture dell’encefalo (cervello). Come ogni ormone, circola nel sangue per giungere in distretti corporei o tessuti organici specifici, ai quali trasmette delle informazioni per attivare o disattivare dei meccanismi. L’ormone in questione svolge la sua azione specialmente a livello della muscolatura uterina e della ghiandola mammaria.
Quando il nascituro è pronto per attraversare il canale del parto, l’ossitocina favorisce le contrazioni della muscolatura uterina, favorendo il flusso del primo latte materno. Un aspetto interessante è che la secrezione di ossitocina è regolata da un sistema di feedback positivo: più le fibre muscolari uterine sono contratte e si verifica la distensione del pavimento pelvico (ossia tutta la regione inferiore del bacino), più i livelli di ossitocina aumentano, allo stesso modo, più il neonato tira il latte attraverso la suzione, più l’ossitocina viene rilasciata e, di conseguenza, quest’ultima consente l’emissione del latte.
I livelli di ossitocina raggiungono i picchi massimi nella fase espulsiva del parto e nella terza fase del travaglio, durante la quale si verifica la fuoriuscita della placenta. Le contrazioni favorite dall’ossitocina sono le stesse che contribuiscono al ripristino della normale anatomia del canale del parto e a prevenire l’emorragia.
L’azione più affascinante si manifesta in ambito comportamentale nel legame di attaccamento madre – bambino. Poniamoci una domanda: se la partoriente dovesse focalizzare la sua attenzione e le sue energie mentali solo sul parto e sullo stress fisico ed emotivo che ne deriva, come potrebbe occuparsi del neonato? O come potrebbe vivere questo momento, apprezzandolo fino in fondo, tanto da ricordarne i dettagli positivi e probabilmente desiderare di ripetere l’esperienza? Ecco, qui entra in gioco nuovamente l’ossitocina. Avvenuta la nascita del bimbo, l’ormone consente la riduzione dei livelli di stress, rilassando la madre. I livelli di ossitocina restano elevati nel sangue fino ad un’ora dopo il parto e questo risulta cruciale in quanto avviene il primo contatto fisico tra madre e figlio. A tal proposito, in un articolo scientifico è scritto: “Alla nascita il picco materno di ossitocina, che perdura per un’ora dopo il parto, sembrerebbe costituire la base fisiologica di una sorta di imprinting degli esseri umani: la madre, all’atto di ricevere il neonato, è naturalmente predisposta e facilitata all’ innamoramento” [1]. Infatti, la produzione di ossitocina può essere indotta sia da stimoli fisici come il contatto fisico e l’allattamento, sia da stimoli psicologici come la sola visione del bimbo. Questo, contribuisce ad aumentare la resistenza della madre agli sforzi fisici e a ridurre la reattività agli stress psicologici.
È evidente dunque, come l’ossitocina, soprannominata anche ‘l’ormone dell’amore’, abbia un ruolo estremamente fondamentale e svolga una sorta di “azione protettiva” in un momento intenso come quello descritto; permette ad una madre di passare oltre il dolore provato, i due si riconoscono e creano un legame. Infatti la mamma appena vede suo figlio, lo tiene stretto a sé e comprende che ne è valsa la pena. Vivrà con lui, dandogli tutto ciò di cui ha bisogno, sospinta da un amore profondo. Quel dolore, è diverso da qualsiasi altro dolore umano, perché è totalmente incentrato nella gioia che seguirà, era indispensabile per dare vita.
Questa esperienza, in qualche modo, ci fa riflettere su qualcosa di ancora più grandioso. Ci permette di parlare dell’amore per eccellenza e di un dolore in cui, a differenza di quello citato prima, non è esistita nessuna attenuante. C’è stato un avvenimento nella storia durante il quale è stata provata una sofferenza atroce e un’indescrivibile umiliazione che ha portato, in un primo momento, alla morte. È necessario che tu sappia che il Creatore e l’Ideatore di ogni perfezione e meccanismo del nostro corpo, Dio, ha dato suo figlio Gesù per noi, per te, permettendo che vivesse momenti avvilenti ed estremamente ostili, esclusivamente per donarci una vita piena, soddisfacente, eterna con Lui, che è il bene più grande che tu possa mai ricevere.
Forse stai pensando che questa sia la solita teoria religiosa a cui i deboli della società devono aggrapparsi per vivere sereni, ma Dio ti dice ora: “mettimi alla prova”. Nessuno ama essere deluso, è lecito; ma Dio è degno di fiducia, la sua testimonianza e la sua cura quotidiana parlano forte di fiducia e promesse mantenute. Può sembrare un salto nel buio, tuttavia la prospettiva che avrai riguarda una vita nuova in cui la tua anima sarà finalmente ed eternamente al sicuro. Perché, in fin dei conti, al termine dei tuoi giorni, è la parte più intima di te che ti resta e che ha il valore più grande, ed è quella che devi proteggere dalla morte, già da oggi.
Magari credi che ciò che abbiamo detto sia giusto, ma il tuo stile di vita è totalmente discordante con ciò che la vita cristiana richiede; sappi che non c’è nessun peccato che possa allontanarti da Dio, se decidi di abbandonarlo ai suoi piedi. Il peccato è qualcosa di grave, ma Lui può allontanare il nostro peso, la Bibbia dice che lo getta in fondo al mare, mette sotto i suoi piedi le nostre colpe (Michea 7:19). Se davvero chiediamo perdono, Lui è buono da perdonarci, è pietoso da dimenticare, è amorevole da non trattarci secondo le nostre cattiverie.
Un versetto nella Bibbia dice “Per la gioia che gli era posta dinanzi egli sopportò la croce, disprezzando l’infamia, e si è seduto alla destra del trono di Dio” Ebrei 12:2. Come una madre, subendo una forte sofferenza fisica, guarda suo figlio e considera la gioia di sapere che è suo, maggiore del dolore che ha provato per poterlo avere accanto, così Dio, per la gioia che deriva dal dono di salvezza, ha sopportato la croce e l’infamia, la separazione momentanea da Dio, per accoglierti come figlio, per permetterti di godere della sua protezione eterna. Gesù tre giorni dopo la crocifissione è risuscitato, si è riconciliato col Padre e ha aperto la strada per la riconciliazione anche per noi. Lui gioisce nel sapere che vuoi dedicargli il tuo tempo, i tuoi pensieri, le tue capacità. Sei disposto a lasciare che Dio ti doni tutto ciò che ha preparato anche per te? O forse preferisci investire in ciò che è destinato a scomparire?

Fonti:
[1]: Annamaria Moschetti, Maria Luisa Tortorella, Pediatri di famiglia, ACP Puglia e Basilicata, “Ossitocina e attaccamento”, Quaderni acp 2007; 14 (6):254-260. https://www.dors.it/latte/docum/moschetti%20ossitocina.pdf