Una profonda ferita può essere lasciata a sé stessa? Potrebbe rimarginarsi da sola? Niente affatto: richiede cure e attenzioni, affinché vada incontro a guarigione completa e senza complicanze. Con questa immagine vogliamo introdurre un argomento tanto delicato, quanto importante: il perdono. Nel corso della vita, ognuno subisce delle offese e non solo; talvolta si vivono veri e propri drammi, che possono interessare contesti differenti: quello familiare, lavorativo, amicale. Quando tutto ciò avviene, i torti provocano inevitabili tagli, segni nella mente e nel cuore di chi li riceve, proprio come una ferita sul corpo. Spesso queste lesioni vanno incontro ad infezioni, perché si fa spazio a rabbia, rancore e mancanza di chiarimento. Si dice che “il tempo guarisce ogni ferita”, invece accade proprio il contrario: più il tempo passa, più le ferite diventano piaghe. La verità è che, per quanto ci convinciamo del contrario, perdonare è un bisogno, eppure ci risulta così complicato. Ma perché? Vediamo insieme alcuni ostacoli al perdono:
1. L’ORGOGLIO. È faticoso ammetterlo, ma il nostro essere orgogliosi è un dato di fatto. Troppo spesso si fa strada in noi questo sentimento peccaminoso che ci impedisce di metterci nei panni degli altri, concentrando l’attenzione solo sul proprio punto di vista, o su una presa di posizione. Abbiamo il più delle volte un’esagerata stima di noi stessi. Dopo un litigio, ci aspettiamo che sia sempre l’altro a venire da noi, a fare il primo passo; o che debba in qualche modo “meritare” il nostro perdono. A causa dell’orgoglio, preferiamo rimanere nella nostra “ragione”, invece di confrontarsi e perdonare, superando un’incomprensione, forse durata anni. Il paradosso è che stiamo danneggiando profondamente anche noi stessi, costruendo mura sempre più robuste, capaci di aumentare la distanza tra noi e l’altra persona e che richiederanno maggiore sforzo e tempo per abbatterle. La mancanza di perdono produce in noi un peso non indifferente, che può consumarci. Più tralasciamo le situazioni irrisolte, più diventa forte la consapevolezza che stiamo sbagliando e il Signore sta già lavorando nel nostro cuore.
2. La PAURA del CONFRONTO. Affinché sia possibile un sincero perdono, è necessario esternare alla persona interessata tutto ciò che ci ha ferito, con i giusti modi e le giuste parole. È utile e terapeutico, pertanto, il confronto. Talvolta può far paura, perché significa rivivere mentalmente delle vicende di sofferenza, scavando nel nostro cuore alla ricerca di ciò che ha provocato così tanto dolore. Oppure, potrebbe farci sentire a disagio il pensiero di ciò che l’altro potrebbe rispondere: e se dovesse ricadere negli stessi comportamenti? E se dovesse svalutare le nostre emozioni? Proprio per il timore del confronto, tendiamo a rimandare questa tappa, come se fossimo padroni dei nostri giorni. Ma ricordiamoci che il domani non ci appartiene! Dobbiamo considerare e utilizzare ogni giorno che Dio ci dona, come se fosse l’ultimo.
3. Il desiderio di VENDETTA. Può suonare strano, ma vi sono situazioni in cui desideriamo farci giustizia da soli. Non parliamo di gesti o contesti eclatanti, bensì di questioni quotidiane. Basti considerare il luogo comune “occhio per occhio, dente per dente”. Per la nostra natura peccaminosa siamo impulsivi e se ci viene fatto del male, rispondiamo con il male, magari non lo mettiamo in azione, ma lo pensiamo, lo auguriamo accecati dall’odio… e non è forse altrettanto pericoloso? Quando non perdoniamo stiamo attuando, a tutti gli effetti, una vendetta personale. In Romani 12:17 l’apostolo Paolo scrive: “Non rendete a nessuno male per male” e al versetto 19: “Non fate le vostre vendette, miei cari, ma cedete il posto all’ira di Dio; poiché sta scritto: <>, dice il Signore”. La vendetta è qualcosa che spetta esclusivamente al Signore che è il solo giusto giudice. E non sta a noi affannarci per scoprire in che modo o in che misura Dio applicherà giustizia. Con quale diritto potremmo farlo?