Inghiottiti dall’iper-produttività


Accumulazione, crescita, iperconsumo, iper-produttività, sono le parole chiave della nostra società. L’individuo ha valore in quanto fonte di produttività o di consumo, è inutile nasconderlo. La società ci chiede di lavorare, e lavorare sodo, di produrre, collaborare al progresso. Questo ci viene inculcato così tanto da divenire lo scopo della nostra esistenza.

Ovviamente, il lavoro e il darsi da fare per la crescita sono cose buone che Dio stesso ci ha comandato di fare, ma davvero siamo solo questo? Siamo solo macchine produttive che vivono per questo scopo?

Dio, nella Bibbia, lega sempre la produttività e il lavoro ad un fine relazionale, comunitario, che finisce per far del bene sia alla collettività che al singolo individuo. L’iper-produttività, invece, non fa altro che schiacciare la singola persona, allontanandola dalle relazioni e illudendola che concentrandosi su sé stessa, sulla sua produttività e il suo successo, otterrà la felicità.

L’io iper-produttivo è risucchiato dalla pressante sensazione di non essere mai all’altezza delle altrui aspettative. Ci viene chiesto così tanto, che non ci rendiamo conto che questo sistema ingloba la nostra identità facendo scomparire l’io.

Se sei insoddisfatto dell’individualismo che regna nella società, in cui molti corrono in solitaria per raggiungere profitti economici e obiettivi professionali sempre più alti, chiediti se davvero questo è il tutto per l’uomo, se vale la pena vivere un’esistenza così.

Comprendere quale sia lo scopo della vita dell’uomo ha un impatto enorme sulla sua soddisfazione: ne va della sua felicità.

 

Quando apriamo la Bibbia comprendiamo che lo scopo dell’uomo è quello di vivere e glorificare Colui che ha dato la vita e che vuole donare un’esistenza eterna con Lui.

Nel Vangelo di Giovanni Gesù disse qualcosa di “scioccante” che dovrebbe sorprenderci ancora oggi: “Io sono venuto affinché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Giovanni 10:10). Dio non vuole donarci né una vita noiosa e insignificante, né una vita fatta di sola ansia e lavoro, ma una vita buona e abbondante. Scegliere di seguire il Signore rende la vita infinitamente migliore, e non dal punto di vista materiale o del successo; ci stiamo riferendo ad una qualità più alta. In tal modo il cristiano può sviluppare una prospettiva diversa, rendendosi conto che il suo tempo sulla terra è solo una piccola parte della sua esistenza eterna. Il credente, diventato figlio di Dio mediante la fede in Cristo, gode di un maggiore senso di sicurezza, scopo e “autostima”.

In un altro libro della Bibbia – Ecclesiaste – troviamo ciò che scrisse Salomone, un uomo incredibilmente ricco e popolare. Eppure, anche lui alla fine della sua esistenza ha dovuto concludere che gran parte della vita è vuota e priva di significato, e che alla fine non c’è valore nei possedimenti, nell’intelletto, nella ricchezza o nel potere. Il libro dell’Ecclesiaste si chiude con un colpo di scena: Salomone, dopo aver sperimentato “il meglio” che il mondo poteva offrire, termina dicendo che lo scopo della vita è “… temere Dio e osservare i suoi comandamenti”. In altre parole, rispettare Dio e seguire le sue istruzioni per la vita … questo è tutto per l’uomo!

Alla luce di queste considerazioni chiudiamo con due incoraggiamenti o sfide da afferrare:

  1. Afferra il vero motivo per cui esisti! Dio ci ha creati e sa il motivo per cui esistiamo, sa come funzioniamo e cosa ci rende felici e appagati. Noi ci illudiamo di conoscerlo, ma la verità è che solo il Creatore conosce in profondità la via che ci porterà alla felicità. Dio stesso ci fa sapere nella Bibbia che la ragione per cui esistiamo è di godere appieno la Sua persona, glorificarlo e stare alla Sua presenza per l’eternità. Può sembrare uno scopo triste, riduttivo e poco soddisfacente, ma non lo è affatto! Dio è il bene assoluto, la perfezione, ed è chiaro che stare vicino a Lui per sempre è il nostro unico bene. Prima afferriamo il motivo per cui esistiamo e la via per il nostro bene, e prima vivremo la pienezza in Dio.

 

  1. Afferra il riposo di Dio! Cosa ti viene in mente quando senti la parola “riposo”? In una cultura in cui il mondo indossa l’attività come distintivo d’onore, come dobbiamo guardare al riposo che Dio vuole offrirci? Possiamo addirittura spingerci ad affermare che siamo stati creati per “riposare”. Dio ha amato così tanto il mondo che è stato disposto a lasciare il luogo del perfetto “riposo” per entrare nei disordini di questo mondo, affinché le Sue creature potessero trovare il vero riposo. Dio offre riposo sulla terra a coloro che glielo chiedono, ma vuole farci entrare anche in quel riposo eterno, per sempre con Lui, dove saremo liberi dall’ansia, dal dovere di produrre a costo di perdere le cose migliori o dalla pressione dovuta a certi standard da raggiungere. La fede è la chiave per accedere a questo riposo che, in Cristo, possiamo in parte già gustare oggi e che godremo pienamente nel cielo. Il riposo eterno non corrisponderà ad uno stato di atarassia passiva, ma sarà piuttosto un apprezzare attivamente la condizione di appartenere alla famiglia di Dio e godere della relazione con Lui.

 

Dio offre tutto questo perché è buono e pietoso verso i peccatori. Siamo chiamati ad afferrare la sua grazia, sicuri che “Chiunque crede in Lui, non sarà deluso” (Romani 9:33).